
24 Feb Coronavirus in Italia: cosa devono fare le aziende
Si è già capito che l’emergenza coronavirus in Italia sta cambiando le abitudini dei cittadini, soprattutto nelle zone in cui sono stati registrati i contagi. Ma cosa devono fare le aziende da ora in poi? Appare ovvio che dovranno adeguarsi a questa nuova preoccupante situazione.
La prima misura da adottare sarà rivedere il documento di valutazione dei rischi, il cosiddetto Duvri, sia per affrontare il nuovo pericolo biologico sia per fornire ai lavoratori tutti gli strumenti di tutela, mascherine in primis laddove necessario.
Il datore di lavoro, infatti, è responsabile in prima persona della tutela della salute e della sicurezza dei suoi dipendenti e collaboratori. Se ne deduce che, visti i rischi del coronavirus, sarà tenuto ad aggiornare il Duvri individuando ogni misura di protezione del personale. Non solo attraverso gli strumenti di protezione, ma anche quelli di prevenzione. Dovrà, cioè, garantire l’adeguata formazione ai vari responsabili di pronto intervento presenti in azienda e ai lavoratori. L’informazione da fornire dovrà per forza contenere le raccomandazioni del ministero della Salute: lavarsi frequentemente ed accuratamente le mani, curare l’igiene delle scrivanie e delle superfici (pensa, ad esempio, alla cornetta dello stesso telefono usata da diversi dipendenti), attendere l’arrivo del personale di pronto soccorso in caso di necessità anziché recarsi subito in ospedale, ecc.
C’è, però, un altro aspetto non indifferente che le aziende dovranno affrontare ed è quello dell’eventuale sospensione dell’attività, come già avvenuto nel Lodigiano, dove negozi ed imprese sono stati costretti a tenere temporaneamente abbassate le saracinesche e dove è stato chiesto ai cittadini di non uscire di casa. Nemmeno per andare al lavoro, quindi.
Un’emergenza che può portare inevitabilmente verso l’utilizzo della cassa integrazione per eventi di forza maggiore. Va detto che in un caso come questo, quando cioè l’azienda è stata costretta dalle autorità a sospendere l’attività, tale interruzione non è stata decisa né dal datore di lavoro né dal lavoratore. Pertanto, l’azienda non sarebbe tenuta a retribuire il dipendente assente, poiché non è stata lei a decidere la chiusura. Può, però, chiedere il ricorso alla cassa integrazione per i dipendenti con almeno tre mesi di anzianità.
Negli altri casi è un vero problema, perché vige il principio dell’impossibilità: l’azienda non è tenuta a pagare lo stipendio e il dipendente non è obbligato a lavorare. La soluzione può trovarsi tra le pieghe del contratto nazionale di categoria, nel caso preveda la possibilità per i lavoratori di avere dei permessi speciali o di recuperare i giorni non lavorati in caso di eventi straordinari.
No Comments