SANGALLI: “SERVE UN ATTO DI RESPONSABILITÀ COLLETTIVA, LA PRIORITÀ OGGI È L’EMERGENZA ECONOMICA”

Il presidente di Confcommercio al Giornale: “la fiammata dei prezzi brucia la ripresa del Pil. Centrale la credibilità e l’autorevolezza del nostro Paese nella Ue”. “Subito un Recovery Fund per l’energia e un patto per spingere la produttività, giusto l’invito di Draghi al dialogo con i sindacati. Spirale prezzi-salari da evitare”.

Con Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio, eravamo d’accordo da qualche giorno per un’intervista alla vigilia degli incontri con Draghi di tutte la parti sociali. E ci siamo trovati a farla in piena crisi di governo. Un bello choc: con quali sensazioni e aspettative vive questa situazione inattesa?

«In questo momento la priorità assoluta è rispondere con sempre maggior efficacia alla crisi economica, a quella geopolitica e alla pandemia. Crisi che si incrociano e rischiano di provocare pesanti ripercussioni sociali. I tempi di reazione sono molto stretti. Serve un forte supplemento di responsabilità da parte di tutti: istituzioni, politica e parti sociali. Il Paese, gli imprenditori e le famiglie si aspettano risposte attraverso il PNRR, la legge di bilancio e le riforme strutturali. E molte di queste risposte dipendono da Bruxelles e dalla credibilità che abbiamo nell’Unione Europea, anche in termini di autorevolezza politica e coesione nazionale».

Cosa dicono le vostre previsioni economiche?

«Purtroppo lo scenario internazionale rischia di peggiorare in modo imprevedibile per il protrarsi del conflitto in Ucraina, dell’impatto dell’inflazione e del caro energia su famiglie e imprese rendendo molto incerte le prospettive economiche. L’elevata inflazione, che potrebbe arrivare al 7% in media d’anno, rischia di comprimere la crescita del nostro Paese: le nostre stime vedono un Pil intorno al 3% nel 2022 con i consumi che torneranno ai livelli pre-pandemici solo a fine 2023. In questo scenario è evidente che c’è anche il grave effetto immediato della riduzione del potere d’acquisto delle famiglie».

L’inflazione è in massima parte dovuta al costo energetico. La vostra proposta?

«Sul caro energia inarrestabile serve una risposta europea, come accaduto con la pandemia, attraverso un Recovery Fund energetico. Poi vanno riviste strutturalmente le regole di formazione del costo dell’elettricità introducendo un tetto al prezzo del gas. Riconosciamo al Governo di avere annullato, per il momento, gli oneri generali di sistema sull’elettricità e ridotto quelli per il gas, introducendo sostegni anche per le imprese che non rientrano tra le cosiddette “energivore” e “gasivore”. E di aver ridotto il peso delle imposte sulle bollette energetiche e sui carburanti. Tuttavia bisogna fare di più. Penso a crediti d’imposta più inclusivi, a una riforma organica degli oneri generali di sistema e della fiscalità energetica, all’abbattimento delle commissioni bancarie sui pagamenti con Pos».

E sulla transizione? Suggerite una moratoria?

«Sulla transizione energetica ripetiamo che la sostenibilità va perseguita non solo dal punto di vista ambientale, ma anche da quello economico e sociale. E ciò a partire dal settore dei trasporti per cui non risulta sostenibile un percorso di transizione incentrato sulla sola leva tariffaria, come prospettato dal pacchetto europeo “Fit for 55″».

Veniamo ai contratti: fino all’altro ieri era il tema più attuale in agenda.

«Bene l’invito del presidente Draghi al rafforzamento del dialogo con le parti sociali. Serve, ripeto, un forte supplemento di responsabilità da parte di tutti per evitare che la crisi economica diventi crisi sociale e per assicurare al Paese una prospettiva di crescita più robusta. Come Confcommercio non rinunceremo a dare il nostro contributo per assicurare coesione sociale e il massimo impegno nel rinnovo dei contratti di lavoro. Ma non è davvero il caso di correre il rischio di innescare una spirale tra prezzi e salari. Servono scelte decise, a vantaggio di lavoratori ed imprese, in materia di riduzione del cuneo fiscale e contributivo sul costo del lavoro e di detassazione degli aumenti contrattuali. Così come la riduzione dell’Iva a partire dai beni di largo e generale consumo potrebbe essere una misura utile ed efficace per contenere l’erosione del potere di acquisto delle famiglie».

E come pensa che ci si arrivi, non vediamo buoni segnali, anzi.

«Serve uno straordinario impegno comune per rilanciare la produttività complessiva del sistema Paese e per rafforzare il suo potenziale di crescita. È questo il patto che occorre. Un patto che porti al rafforzamento della partecipazione al mercato del lavoro e alla costruzione di robuste politiche attive. Un patto che preveda anche il contrasto al dumping contrattuale. Un patto che dia una risposta alla questione del salario minimo basata sulla valorizzazione per tutti dei trattamenti economici e degli istituti di welfare contrattuale previsti dai contratti collettivi, quelli stipulati da chi realmente rappresenta il mondo del lavoro e delle imprese. Senza dimenticare la necessità di contenere l’impatto contributivo a carico del terziario dei nuovi ammortizzatori sociali: più inclusivi, ma anche più costosi».

 

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